14 – Monte Fontanasecca
di Davide Pegoraro e Alessandro Bernardi
Il monte Fontanasecca, così come il monte Tomatico per la città di Feltre, è la montagna più rappresentativa e di immediato impatto visivo per chi si reca al Grappa dalla valle di Seren. Fin da subito occupato dalle truppe austro-tedesche con rapidi, ma duri combattimenti, è diventato per il resto del conflitto il perno della difesa del settore orientale del massiccio per gli imperiali. La sua considerevole quota permetteva l’osservazione degli avversari e di tutti gli spostamenti provenienti dalla val delle Mure e Meatte. Dalle sue propaggini interne inoltre partivano le linee di comunicazione e rifornimento con le postazioni dei Solaroli da un lato e verso lo Spinoncia più ad est; truppe, materiali e munizionamento di vitale importanza per il fronte.
E quale dovrebbe mai essere il giusto epitaffio per la mia lapide? “Morto valorosamente per la Patria”. Ma quale esattamente? Se verremo sconfitti, la nostra terra sarà bottino di guerra, i nostri figli cresceranno in un mondo diverso e i nostri nipoti parleranno un’altra lingua. Forse sul monumento ai caduti, nella piazza del paese, finirebbe con l’essere equivocato. Passerei da eroe a traditore, da martire a carnefice, in funzione della conoscenza e della cultura di chi leggerà, in base a quando sia nato, a dove. La fedeltà diverrebbe sedizione, i valori, torti. Quando potevamo permettercelo, la posta doveva essere affrancata.
Non mancava nulla: il lavoro, gli animali, l’acqua; e il pur non eccessivo cibo ci bastava. La tavola della festa dava la gioia della condivisione. Riempire il bicchiere di un amico, soddisfaceva. Adesso, al fronte, anche se siamo dei cenciosi, le lettere si spediscono in franchigia. Siamo allora ricchi tutto d’un tratto? Così sembrerebbe, sebbene per rubare una galletta si è disposti a diventare dei criminali. Si viene passati per le armi, in tal caso, ma ciò non accade se, per esempio, si continua a sparare dalla parte giusta. Qui, chi ha ragione viene fucilato, chi tace non sbaglia quasi mai. Finora è scorso tanto inchiostro per le nostre missive, quanto dolore e lacrime. La censura cancella tutto però; fa sparire ogni traccia. E così, cancella anche il sangue, lo lava, ci epura. Così ripuliti possiamo incontrare Dio, candidi al suo cospetto. Non so più piangere ormai e come una fontana inaridita, non servo più a nulla.
E quale dovrebbe mai essere il giusto epitaffio per la mia lapide? “Morto valorosamente per la Patria”. Ma quale esattamente? Se verremo sconfitti, la nostra terra sarà bottino di guerra, i nostri figli cresceranno in un mondo diverso e i nostri nipoti parleranno un’altra lingua. Forse sul monumento ai caduti, nella piazza del paese, finirebbe con l’essere equivocato. Passerei da eroe a traditore, da martire a carnefice, in funzione della conoscenza e della cultura di chi leggerà, in base a quando sia nato, a dove. La fedeltà diverrebbe sedizione, i valori, torti. Quando potevamo permettercelo, la posta doveva essere affrancata. Non mancava nulla: il lavoro, gli animali, l’acqua; e il pur non eccessivo cibo ci bastava. La tavola della festa dava la gioia della condivisione. Riempire il bicchiere di un amico, soddisfaceva. Adesso, al fronte, anche se siamo dei cenciosi, le lettere si spediscono in franchigia. Siamo allora ricchi tutto d’un tratto? Così sembrerebbe, sebbene per rubare una galletta si è disposti a diventare dei criminali. Si viene passati per le armi, in tal caso, ma ciò non accade se, per esempio, si continua a sparare dalla parte giusta. Qui, chi ha ragione viene fucilato, chi tace non sbaglia quasi mai. Finora è scorso tanto inchiostro per le nostre missive, quanto dolore e lacrime. La censura cancella tutto però; fa sparire ogni traccia. E così, cancella anche il sangue, lo lava, ci epura. Così ripuliti possiamo incontrare Dio, candidi al suo cospetto. Non so più piangere ormai e come una fontana inaridita, non servo più a nulla.